lunedì 15 dicembre 2014

La mannaia dei conigli è fatta a forma di tozzetto con le mandorle. Quindi non fa male!

Abbiamo tutti una mannaia che ci pende sulla capoccia. 
Me ne darete atto, qualora vi prendiate la briga di mettere sotto esame le vostre mirabolanti vite (chi più, chi meno mirabolante). 
La mannaia di noi madri di figlie in età pre-pubere e con precisione ancora appartenenti, per classe d'età, alla scuola primaria - che, per chi non lo sapesse, sono le elementari di una volta -, la nostra mannaia, dicevo, sono le recite di fine anno e i mercatini di natale. Essendo che ora è natale, attualmente mi pende sul collo la seconda che ho detto. E poi c'è anche - a fare di contorno - tutto il rutilante mondo delle mamme dei compagnucci, soprattutto le mamme di figli unici. Ma questo aprirebbe un capitolo a parte, che non mi sento di affrontare oggi con voi. Insomma che facciamo che non facciamo, nessuna mamma sa fare niente, tutte si affidano alle idee delle altre. Io comincio a cimentarmi nella lavorazione ad uncinetto di presine di lana, ma mi accorgo che la lana non è proprio l'ideale, e vi confesserò che invece della presina mi è uscito fuori un cappellino da bambola. Ma tant'è. Mi sono catapultata nel magico mondo dei biscottini. Le cose troppo semplici a me non piacciono. E non faccio mai i biscotti. Potrei darvi ricette di lasagne, di spezzatini fumanti gustosi, di verdure pasticciate, di millefoglie ricostruiti, ma no. Oggi voglio darvi la ricetta dei miei biscottini preferiti. Nel senso di quelli che mangio a quintalate, gli unici poi. Perché a me i biscottini non piacciono. Codesti tozzetti alle mandorle, dopo elaborata preparazione, sono stati inseriti in apposite bustine, con tanto di nastrino rosso ed etichetta degli ingredienti natalizia e disposti, con la grazia che contraddistingue la mia stazza, in un cestino piccino picciò da adagiare su un tavolino del mercatino, per metterli in vendita ad almeno 3 eurini a bustina. Preparatevi però a trottare. Nel senso che ci sono un sacco di cosette da preparare prima della reale mise en place di codesto splendore. Ma non abbiate timore. E' tutto più facile di quanto sembra!

Allora rifornitevi con agio dei seguenti ingredienti:
  • 500 gr di farina 00
  • 3 uova intere + 2 albumi
  • 250 g di zucchero
  • 50 grammi di mandorle grattugiate finemente
  • 200 g di mandorle spellate tagliate grossolanamente
  • 5 cucchiai di di olio di semi
  • 1 cucchiaino di liquore alle mandorle (oppure una fiala per torte di aroma a vostro piacimento ad esempio alla vaniglia, o al limone)
  • 1 bustina di lievito per torte
  • 2 pizzichi di sale
Ci tengo a dire che dovrete avere occhio. Perché gli ingredienti della ricetta che avevo io erano completamente sballati. Io vi ho dato gli stessi, per cui, per il corretto dosaggio sono cavoli vostri. Un ingrediente in particolare è fasullo, e cioè la farina. Poiché a me sono serviti almeno due etti in più, il che chiaramente fa sballare anche il dosaggio di tutto il resto. Ma qualora vi salti lo schiribizzo di rifare questa ricetta, sarete senz'altro personcine con un po' di sale in zucca da potervi arrangiare alla meglio o che avranno fatto biscotti almeno una volta in vita loro.
Il pezzo più laborioso è la spellatura delle mandorle. Ma per quello basterà metterele in acqua bollente e poi in acqua fredda e vedrete che la pelle verrà via come la muta di un serpente. Certo stiamo parlando di quasi tre etti di mandorle, il che vi prenderà almeno una ventina di minuti. Non vi sognate di comprarle già spellate, vi costerebbe una fortuna. Io vi consiglio di ripassarle un attimino in forno, storia di una cinquina o settina di minuti per farle asciugare e leggermente tostare.
Poi procedete all'impasto.
In una cuccuma montate uova come da ingredienti e zucchero, con il frullino è meglio, poi ci versate cinque cucchiai di olio di semi (io ho messo girasole, ma arachidi sarebbe pure meglio), il vostro aroma preferito, io ci ho grattuggiato la scorza di un bel limone non trattato, due prese di sale ed una bustina di lievito (che, se volete, potete sostituire con un paio di cucchiaini di cremor tartaro). Poi incorporate le mandorle grattugiate (se non avete modo di grattuggiarle, prendete un bicchiere di vetro pesante e fracassatelo contro un sacchetto in cui le avrete precedentemente disposte. Se il bicchiere non si rompe, avrete delle mandorle finemente sminuzzate. Altrimenti ci rivediamo al pronto soccorso), poi quelle tagliate grossolanamente (la grossolanità la potrete ottenere utilizzando il meccanismo precedente, ma con meno foga). Dopodiché inizierete ad introdurre la farina dentro a questa roba grassa. Lavorate nella cuccuma finché potete, poi passate sulla spianatora non prima di aver acceso il forno in modalità NON ventilato a 180°. Questo amalgama sarà come una roba ingestibile nelle vostre mani fino a che con foga non riusciate a domarlo. Avete la sicurezza che prima o poi avverrà. Ma non la certezza del quando.
Una volta ottenuta una palla non umida né appiccicaticcia e discretamente omogenea (mi rendo conto che non sarà cosa facile, ma ce la potete fare!) fate tre/quattro panetti lunghi come la larghezza della leccarda, che disporrete su di essa con carta forto (tra i panetti e la leccarda, ovviamente!). Infornate i panetti per 20 minuti. Poi usciteli dal forno, aspettate un attimino che si freddino, e nel frattempo mettete il forno a ventilato sempre a 180°. Ora armatevi di santa pazienza e con tutta la delicatezza di cui siete capaci prendete un panetto e tagliatelo a strisce di non più di 1 cm di spessore. Prendete questi tozzetti bianchicci e dall'aspetto poco invitante e disponeteli sulla leccarla, vedrete che orizzontali non c'entreranno tutti. E allora potete fare due infornate. Indi ficcateli in forno per una decina di minuti o poco più, finché vedrete il loro aspetto indorarsi adorabilmente. Poi toglieteli dal forno senza por tempo in mezzo e fatene ciò che volete.
I tozzetti alle mandorle si presentano più o meno così!

domenica 14 dicembre 2014

pandoro con la mdp

e perchè non provare anche il pandoro? :-)

120 gr di latte
100 gr di burro morbido o in alternativa usare la ricotta, io ho usato quest'ultima e son venuti buonissimi
1 tuorlo e 1 uovo intero
120 gr di zucchero
150 manitoba
150 farina 0
1 bustina vanillina
1 pizzico di sale
8 gr di lievito di birra


ho fatto per 3 volte il programma impasto, quello da 1 ora e 30, poi ho messo il pandoro negli stampini, in forno a 180 gradi per 35 minuti




panettone con la MdP (macchina del pane)

si avvicinano le feste, quindi ho rispolverato questa ricetta che ho usato lo scorso anno per preparare dei panettoncini che poi ho regalato ad amiche e vicine di casa


160 gr di di latte
360 farina (metà manitoba e metà 0)
1/2 cubetto di lievito
100 gr di burro
1 cucchiaino di sale
200 gr di zucchero
100 gr di uvetta
1 bustina di vanillina
3 tuorli
buccia di limone grattuggiata o una fialetta aroma limone
1° fase:
mettere la manitoba, 80 grammi di latte, il lievito, 3 cucchiaini di zucchero e avviare il programma impasto , nella mia mdp dura 90 minuti
2° fase
avviare di nuovo il programma impasto, amalgamare uno alla volta i 3 tuorli, zucchero, sale, burro fuso , vanillina ,farina 0,aroma e latte
3° fase
avviare il programma dolce, quando suona il bip aggiungere l'uvetta precedentemente ammollata e strizzata


per fare i panettoncini alla 3° fase ho usato di nuovo il programma impasto, poi ho messo il panettone negli stampini e ho cotto in forno a 180° per circa 45 minuti






venerdì 12 dicembre 2014

13 dicembre S. Lucia

In Sicilia, il 13 dicembre non si mangiano ne' pane ne' farina di frumento, ma solo legumi e verdure. E la cuccìa.
La tradizione vuole che nel 1646 una grave carestia avesse colpito la città di Siracusa e per questo il vescovo avesse invitato la cittadinanza a pregare. 
Il 13 dicembre mentre tutta la città era radunata in cattedrale per la messa,  entrarono in porto alcuni bastimenti carichi di legumi e grano. 
Da allora, per ricordare il miracolo, in tutta la Sicilia, ma a Siracusa in particolare, in questo giorno si mangiano legumi, le panelle,  frittelle di farina di ceci che in realtà costituiscono uno dei famosi "cibi da strada" siciliani, le castagne lessate, la ricotta e la cuccìa, dolce a base di grano cotto e ricotta di pecora, di cui riporto  la ricetta. Il nome cuccìa pare derivi dal verbo "cucciare", cioè mangiare un chicco alla volta.

Ingredienti: 
500 g. di grano
1,5 kg. di ricotta, possibilmente di pecora
450 g. di zucchero
300 g. di frutta candita
150 g. di cioccolato fondente
granella di pistacchi q.b.
cannella in polvere q.b.
un pizzico di sale

Preparazione:
tre giorni prima della preparazione mettere a bagno il grano in acqua fredda, cambiando l'acqua tutti i giorni.
Al terzo giorno scolare il grano e metterlo a cuocere in una pentola ben ricoperto di acqua per 8 ore, oppure in pentola a pressione per un'ora. 
Nel caso si vogliano velocizzare i tempi, è possibile utilizzare il grano già cotto in vendita oramai in tutti i supermercati.
A fine cottura il grano va lasciato riposare per tutta la notte dentro la sua acqua di cottura.
Lavorare la ricotta e lo zucchero in una ciotola capiente, usando le fruste dello sbattitore elettrico e quando diventa una crema, lasciarla riposare per mezz'ora, poi aggiungere la frutta candita tagliata a cubetti finissimi,  il cioccolato fondente a pezzetti e il grano cotto ben scolato.
Amalgamare il tutto e dividere nelle coppette individuali, decorandole con la granella di pistacchi e la cannella in polvere.





domenica 22 giugno 2014

Ciao Marina

Venerdì sera avevo pubblicato qui la ricetta del gazpacho andaluz che Marina Cepeda Fuentes aveva postato sulla mia bacheca, a grande richiesta, e in seguito a un mio errore madornale nel prepararlo. Subito dopo, chiacchierando con lei, che si lamentava di non riuscire più ad entrare nel suo meraviglioso blog, le avevo chiesto se voleva far parte della nostra famigliola coniglia, scrivendo qui i suoi pezzi. Aveva accettato e ne ero davvero felice. Poi le avevo ricordato che martedì sarei stata a Roma al Coniglio da camera e c'era il mezzo progetto di vederci, poi ci eravamo salutate perchè doveva scrivere un articolo su quei fichi che lei amava tanto, di cui aveva un albero in giardino e a cui non sapeva resistere. E' stata l'ultima volta che ci siamo sentite.
Sandra e io siamo addolorate e ci mancherà tantissimo, una grande amica, dolcissima, presente, allegra nonostante tutto, giornalista precisa e attenta, cuoca sopraffina.
Lascio qui il link al suo blog, per chi volesse continuare a bearsi dei suoi bellissimi e puntualissimi articoli.
http://www.marinacepedafuentes.com

venerdì 20 giugno 2014

Il Gazpacho Andaluz di Marina Cepeda Fuentes

Marina Cepeda Fuentes, famosa cuoca itagnola amica dei conigli da tanti anni ci onora della sua amicizia anche su facebook e siccome qualche giorno fa io avevo provato a fare il gazpacho, commettendo diversi errori, ecco qui la sua autentica ricetta.

20 GIUGNO: A PROPOSITO DEL VERO GAZPACHO ANDALUZ, ovvero, LA RICETTA DI MIA NONNA

Allora, care amiche SandraCarolinaAnna P, e altre: precisiamo, passo a passo, la questione cipolla si cipolla no. 

1. gli ingredienti del gazpacho, una volta, quando non c'erano i frullatori, venivano pestati ("majados") con il pestello ("maja") in un recipiente di legno oppure di terracotta ("lebrillo").
Vi immaginate quel che poteva accadere a chi pestava la cipolla fino a ridurla una cremina? Avrebbe pianto tutta la giornata!
La cipolla possiede infatti degli enzimi, detti “allinasi”, che quando si taglia e, soprattutto se si trita, si scatenano come fosse del gas “nervino”! Insomma, producendo quella irritazione agli occhi che tutti conosciamo!

2. inoltre il sapore della cipolla cruda pestata è talmente forte che nel gazpacho sovrasterebbe quello degli altri ingredienti e il gazpacho non sarebbe quell'armonia del palato che è tuttora, persino fatto col frullatore!

3. la cipolla, se piace, si mette nel piatto alla fine, tagliata molto piccola.

4. la ricetta “verace” andalusa è quella ideata dai contadini, dai falciatori che in estate rimanevano da sole a sole e avevano con loro, come i pellegrini nelle loro bisacce, AGLIO (perché curativo e contra insetti e serpi), PANE raffermo, ACQUA fresca di sorgente, e qualche ortaggio fresco della stagione estiva: POMODORI, PEPERONI, CETRIOLI...
Nel periodo della vendemmia - i miei nonni la facevano – si mettevano nel piatto pezzetti di pane tostato e acini d’uva fresca: ed era una delizia!

5. dopo l’evento di frullatori, termo mix, ecc. c’è gente che mette la cipolla nella base della ricetta “verace”, ma, credetemi, si sente, si sente e si sente. Eccome se si sente!... E il gazpacho che ne viene fuori non è quello “doc”, “dop”, ecc.

Ecco dunque la ricetta del GAZPACHO ANDALUZ, quello del “segador y del campesino”, del contadino e del falciatore, arsi dal sole andaluso: coloro che lo avevano ideato e che esisteva anche prima dell’evento colombiano con l’arrivo di pomodori, e peperoni.

Anticamente, anche ai tempi dei fenici e greci, si combatteva la calura con una zuppa fredda di pane raffermo, aglio pestato (per via delle infezioni intestinali), olio d’oliva, aceto e sale. E anche dopo gli arabi e gli ebrei la facevano.
Magari con qualche spezia: cumino, cardamomo: mio nonno paterno mi diceva da piccola che nel primo dopo guerra spagnolo, c’era tanta fame che quella era la cena estiva di molti andalusi e che si chiamava “cataba”...

Molti anni dopo, quando iniziai a occuparmi della storia dei cibi e della cucina, trovai, nel libro di APICIO " De Re Coquinaria", una sorta di “antenato” del gazpacho nell'antica Roma: una via di mezzo fra la panzanella e una zuppa fredda molto densa, con ortaggi, fra cui il cetriolo, spezie, erbe aromatiche, pane e persino formaggio...

Si chiamava “CATTABIA” (tegame) oppure “sala cattabia”, cioè tegame, oppure casseruola, salata...
Insomma, dalla “sala cattabia” romana alla “cataba” della postguerra di mio nonno, il passo è breve...

Invece, questa ricetta del GAZPACHO ANDALUSO che ora vi darò, è di mia nonna materna, Marina.
Mia nonna era una bella donna bruna, nata fra il Mediterraneo e l’oceano Atlantico, in una fetta di terra chiamata La Linea, che collega Algeciras con la britannica Gibilterra.

Un’estate di “mille” anni fa, quando mi trovavo dai nonni in campagna nelle lunghe vacanze estive, mia nonna, forze stanca di tentare d’insegnarmi a ballare flamenco, dato che ero - e sono- una sorta di orsacchiotta senza grazia, volle insegnarmi a preparare il gazpacho...
Ma come lo si faceva allora, quando non esistevano i frullatori, pestando gli ingredienti in un tegame di legno o terracotta: olio, pane, aglio e alcuni ortaggi freschi.

Io ero piccola e l'aglio mi sfuggiva da tutte le parti e nelle fretta di finire m'imbrattai poi di schizzi di pomodoro.

Allora mia nonna, prendendomi la mani con le sue, cominciò a pestare lentamente mentre dalla sua bocca uscivano, dolcissime, le note di un “cante” afflamencato, forse un vecchio canto della mietitura andalusa.
Un canto che non avevo mai sentito, che non ho mai dimenticato e che accompagnò i nostri movimenti:

“Con aceite y pan,
con ajos y sal,
majados en un perol,
prepara el gazpacho
el segador.

Aceite y sal,
pan y sol,
que alargan la vida
del segador."
...........
"Con olio e pane,
aglio e sale,
pestati nel tegame,
prepara il gaspaccio
il falciatore.

Olio e sale,
pane e sole,
che allungano la vita
del falciatore."

RICETTA DEL GAZPACHO ANDALUZ DEL SEGADOR

E sì, OLIO e PANE, AGLIO e un grande SOLE caldo, sono gli ingredienti principali del nostro gazpacho che di solito viene consumato molto freddo con guarnizione mista di dadini di pane, pomodoro e, volendo, cipollina fresca affettata sottilmente.

Se volete preparalo per 6 PERSONE (ma se vi rimane, mettetelo in frigo e bevetelo alle ore calde) ecco gli ingredienti.

Un chilo di POMODORI molto, ma molto maturi sbucciati, due PEPERONI verdi dolci, un CETRIOLO, due spicchi d'AGLIO e circa due etti e mezzo di PANE raffermo ammollato prima e ben sgocciolato; oltre naturalmente al olio d'oliva, il sale, aceto di vino bianco (non di Modena!, per favore) e acqua fresca a volontà.

Poi, siccome per fortuna esistono i frullatori, basta frullare il tutto tagliato a pezzetti: cominciando dall’aglio con sale, poi il peperone e il cetriolo, i pomodori e infine il pane.

Aggiungervi piano piano il condimento, come fosse una insalata, sale olio e aceto. Girare bene con una forchetta di legno e versarvi dell'acqua fredda finché prenderà la consistenza di una zuppa molto cremosa, ma non troppo densa.

Dopodiché servire il gazpacho molto freddo, meglio in tegamini di terracotta, e assaporarlo bene, perché vi sembrerà di sentire la vera essenza dell'Andalusia...
Olio e sale, pane e sole...