Marina Cepeda Fuentes, famosa cuoca itagnola amica dei conigli da tanti anni ci onora della sua amicizia anche su facebook e siccome qualche giorno fa io avevo provato a fare il gazpacho, commettendo diversi errori, ecco qui la sua autentica ricetta.
20 GIUGNO: A PROPOSITO DEL VERO GAZPACHO ANDALUZ, ovvero, LA RICETTA DI MIA NONNA
Allora, care amiche Sandra, Carolina, Anna P, e altre: precisiamo, passo a passo, la questione cipolla si cipolla no.
1. gli ingredienti del gazpacho, una volta, quando non c'erano i frullatori, venivano pestati ("majados") con il pestello ("maja") in un recipiente di legno oppure di terracotta ("lebrillo").
Vi immaginate quel che poteva accadere a chi pestava la cipolla fino a ridurla una cremina? Avrebbe pianto tutta la giornata!
La cipolla possiede infatti degli enzimi, detti “allinasi”, che quando si taglia e, soprattutto se si trita, si scatenano come fosse del gas “nervino”! Insomma, producendo quella irritazione agli occhi che tutti conosciamo!
2. inoltre il sapore della cipolla cruda pestata è talmente forte che nel gazpacho sovrasterebbe quello degli altri ingredienti e il gazpacho non sarebbe quell'armonia del palato che è tuttora, persino fatto col frullatore!
3. la cipolla, se piace, si mette nel piatto alla fine, tagliata molto piccola.
4. la ricetta “verace” andalusa è quella ideata dai contadini, dai falciatori che in estate rimanevano da sole a sole e avevano con loro, come i pellegrini nelle loro bisacce, AGLIO (perché curativo e contra insetti e serpi), PANE raffermo, ACQUA fresca di sorgente, e qualche ortaggio fresco della stagione estiva: POMODORI, PEPERONI, CETRIOLI...
Nel periodo della vendemmia - i miei nonni la facevano – si mettevano nel piatto pezzetti di pane tostato e acini d’uva fresca: ed era una delizia!
5. dopo l’evento di frullatori, termo mix, ecc. c’è gente che mette la cipolla nella base della ricetta “verace”, ma, credetemi, si sente, si sente e si sente. Eccome se si sente!... E il gazpacho che ne viene fuori non è quello “doc”, “dop”, ecc.
Ecco dunque la ricetta del GAZPACHO ANDALUZ, quello del “segador y del campesino”, del contadino e del falciatore, arsi dal sole andaluso: coloro che lo avevano ideato e che esisteva anche prima dell’evento colombiano con l’arrivo di pomodori, e peperoni.
Anticamente, anche ai tempi dei fenici e greci, si combatteva la calura con una zuppa fredda di pane raffermo, aglio pestato (per via delle infezioni intestinali), olio d’oliva, aceto e sale. E anche dopo gli arabi e gli ebrei la facevano.
Magari con qualche spezia: cumino, cardamomo: mio nonno paterno mi diceva da piccola che nel primo dopo guerra spagnolo, c’era tanta fame che quella era la cena estiva di molti andalusi e che si chiamava “cataba”...
Molti anni dopo, quando iniziai a occuparmi della storia dei cibi e della cucina, trovai, nel libro di APICIO " De Re Coquinaria", una sorta di “antenato” del gazpacho nell'antica Roma: una via di mezzo fra la panzanella e una zuppa fredda molto densa, con ortaggi, fra cui il cetriolo, spezie, erbe aromatiche, pane e persino formaggio...
Si chiamava “CATTABIA” (tegame) oppure “sala cattabia”, cioè tegame, oppure casseruola, salata...
Insomma, dalla “sala cattabia” romana alla “cataba” della postguerra di mio nonno, il passo è breve...
Invece, questa ricetta del GAZPACHO ANDALUSO che ora vi darò, è di mia nonna materna, Marina.
Mia nonna era una bella donna bruna, nata fra il Mediterraneo e l’oceano Atlantico, in una fetta di terra chiamata La Linea, che collega Algeciras con la britannica Gibilterra.
Un’estate di “mille” anni fa, quando mi trovavo dai nonni in campagna nelle lunghe vacanze estive, mia nonna, forze stanca di tentare d’insegnarmi a ballare flamenco, dato che ero - e sono- una sorta di orsacchiotta senza grazia, volle insegnarmi a preparare il gazpacho...
Ma come lo si faceva allora, quando non esistevano i frullatori, pestando gli ingredienti in un tegame di legno o terracotta: olio, pane, aglio e alcuni ortaggi freschi.
Io ero piccola e l'aglio mi sfuggiva da tutte le parti e nelle fretta di finire m'imbrattai poi di schizzi di pomodoro.
Allora mia nonna, prendendomi la mani con le sue, cominciò a pestare lentamente mentre dalla sua bocca uscivano, dolcissime, le note di un “cante” afflamencato, forse un vecchio canto della mietitura andalusa.
Un canto che non avevo mai sentito, che non ho mai dimenticato e che accompagnò i nostri movimenti:
“Con aceite y pan,
con ajos y sal,
majados en un perol,
prepara el gazpacho
el segador.
Aceite y sal,
pan y sol,
que alargan la vida
del segador."
...........
"Con olio e pane,
aglio e sale,
pestati nel tegame,
prepara il gaspaccio
il falciatore.
Olio e sale,
pane e sole,
che allungano la vita
del falciatore."
RICETTA DEL GAZPACHO ANDALUZ DEL SEGADOR
E sì, OLIO e PANE, AGLIO e un grande SOLE caldo, sono gli ingredienti principali del nostro gazpacho che di solito viene consumato molto freddo con guarnizione mista di dadini di pane, pomodoro e, volendo, cipollina fresca affettata sottilmente.
Se volete preparalo per 6 PERSONE (ma se vi rimane, mettetelo in frigo e bevetelo alle ore calde) ecco gli ingredienti.
Un chilo di POMODORI molto, ma molto maturi sbucciati, due PEPERONI verdi dolci, un CETRIOLO, due spicchi d'AGLIO e circa due etti e mezzo di PANE raffermo ammollato prima e ben sgocciolato; oltre naturalmente al olio d'oliva, il sale, aceto di vino bianco (non di Modena!, per favore) e acqua fresca a volontà.
Poi, siccome per fortuna esistono i frullatori, basta frullare il tutto tagliato a pezzetti: cominciando dall’aglio con sale, poi il peperone e il cetriolo, i pomodori e infine il pane.
Aggiungervi piano piano il condimento, come fosse una insalata, sale olio e aceto. Girare bene con una forchetta di legno e versarvi dell'acqua fredda finché prenderà la consistenza di una zuppa molto cremosa, ma non troppo densa.
Dopodiché servire il gazpacho molto freddo, meglio in tegamini di terracotta, e assaporarlo bene, perché vi sembrerà di sentire la vera essenza dell'Andalusia...
Olio e sale, pane e sole...
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